Rosa Rosae:
una storia lunga 40 milioni di anni
La rosa tra storia e leggende
La storia della rosa e le varie leggende che questa ha ispirato nel corso dei millenni, hanno affascinato e tuttora incantano milioni di appassionati. Nell’era dell’informatica, della comunicazione e del “virtuale” ma anche del bisogno dell’Uomo di natura, di poesia e di spiritualità, sarà piacevole conoscere meglio ed onorare la pianta che fu spontaneamente amata dai nostri antenati di tutti i continenti diversi millenni prima che noi, uomini moderni, inventassimo le “emozioni virtuali”.
La rosa diede il benvenuto all’uomo sulla terra e fu il primo fiore che gli uomini primitivi apprezzarono. Sono molti i fossili rinvenuti in Asia, Europa e Stati Uniti che gli scienziati fanno risalire a 40/60 milioni di anni fa. Come hanno dimostrato diversi reperti scoperti sull’Himalaya, la rosa era diffusa su tutto l’emisfero settentrionale dal livello del mare fino ad oltre 4000 metri di altitudine.
Sebbene con i suoi 125 generi e oltre 3250 specie, la famiglia delle rosacee sia oggi una delle più numerose del regno vegetale, la regina dei fiori ebbe origini modeste e dispose per molti milioni di anni di soli due colori, bianco e rosa, e cinque petali che poteva esibire una sola volta all’anno finché dai primi incroci spontanei nacquero i fiori a sette poi nove, undici e infine tredici petali, sempre comunque in numero dispari.
Solo la R. sericea pteracantha e la R. omeiensis chrysocarpa contavano, ed hanno tuttora, quattro petali. Le corolle cosiddette doppie, quelle dotate di 20/30 petali fino agli attuali cento e più, fanno parte della storia degli ultimi 4/5000 anni.
I reperti di foglie di rose fossili più antichi sono stati rinvenuti in Asia, culla delle Rose chinensis.
L’antichissimo rosaio R. omeiensis chrysocarpa è caratterizzato dal numero pari dei suoi petali, quattro, dai suoi enormi aculei e dalla elevata quantità di foglioline, da 13 a 17, ben più numerose delle consuete 5/9 che compongono le foglie di quasi tutte le altre specie e varietà. Probabilmente la R. omeiensis sviluppò i suoi aculei e li colorò di un vistoso rosso vermiglio per difendersi dai numerosi branchi di animali preistorici erbivori che a quei tempi pascolavano quasi incontrastati.
Per quanto sin qui detto, il nostro cammino storico della rosa potrebbe iniziare proprio da uno o più brontosauri collocati nella parte più alta del percorso accanto ad un gruppo di R. omeiensis. chrysocarpa/pteracantha.
La rosa per molti milioni di anni non lasciò tracce della sua evoluzione, per ricomparire poi negli affreschi degli antichi egizi, cinesi, greci e romani. Quelle epoche, in Europa e in Egitto, furono caratterizzate dalle R. galliche. Pertanto accanto ad una sfinge, una piramide o un’antica anfora farebbero bella mostra di sé alcune rose “galliche”, come ad esempio R. complicata e R. celsiana ecc.
L’antica civiltà egizia fece ampio uso di rose sia per abbellire i giardini sia per ottenere vari distillati, come dimostrano i dipinti scoperti nelle piramidi. La leggenda narra che la prima rosa rossa nacque da una goccia di sangue di Venere caduta sui petali di una rosa bianca che divenne così rossa e generò molti nuovi rosai dello stesso colore. Poiché il piccolo incidente si verificò mentre la dea della mitologia Greca correva in aiuto del suo amante Adone, la rosa divenne il fiore simbolo dell’amore.
Gli antichi romani, prima della nascita di Cristo, furono i primi rosaisti ad ottenere la fioritura delle rose anche nei mesi invernali mediante rudimentali “serre” riscaldate dalle acque termali. Tali colture venivano praticate lungo il lato a sud di muri di pietra appositamente costruiti in direzione est-ovest. Lungo tali muri veniva fatta scorrere l’acqua calda delle terme e la sera i giardinieri coprivano i filari di rose ponendo dei teli dalla sommità dei muri fino al terreno antistante i rosai. Durante la notte il calore accumulato dai muri e quello radiato dall’acqua termale garantivano la temperatura sufficiente alla vegetazione. I teli venivano riavvolti ogni mattino per esporre i rosai alla luce del sole. E ancora fecero largo uso di rose sia coltivandole direttamente, sia importandone i petali e gli olii dal medio oriente dove erano coltivate le specie “damascene”. Gli imperatori ed i patrizi romani amavano far “piovere” sui commensali, migliaia di fragranti petali di rose da appositi contenitori celati nei soffitti delle loro sale da pranzo, al termine dei ben noti banchetti luculliani.
Pare che la specie più utilizzata dagli antichi romani fosse la R. damascena trigintipetala, più nota col sinonimo R. Kazanlik ancora oggi coltivata in Bulgaria per la produzione di olii essenziali. Oltre alla specie citata, ci sono giunte alcune descrizioni secondo le quali un’altra rosa apprezzata ai tempi di Lucullo fu la R. centifolia muscosa.
Le rose furono molto diffuse ed apprezzate anche ai tempi degli antichi cinesi che le elessero, insieme alle peonie, fiori sacri.
Dopo la caduta dell’Impero romano, i cristiani tentarono di bandire la rosa in quanto simbolo della lussuria e della dissipatezza. Tuttavia, trascorsi pochi secoli, furono proprio i monaci a restituire dignità e splendore alle rose esaltandone le doti medicinali per produrre sciroppi contro la tosse, acqua di rose disinfettante e confetture ricche di vitamina C ottenute dalle bacche della R. canina senza sottovalutare le proprietà decorative ed eleggendo le rose bianche a simbolo della purezza.
Dagli albori del secondo millennio sono giunti a noi moltissimi stemmi araldici nei quali le rose sono protagoniste. L’emblema araldico allora costituiva un riconoscimento del rango sociale. Tra due potenti famiglie di quell’epoca, gli York ed i Lancaster, avvenne una guerra che passò alla storia come “Guerra delle due Rose” poiché lo stemma degli York era una rosa bianca e quello dei Lancaster una rosa rossa. Ambedue vantarono il “pre uso” esclusivo del proprio simbolo e nessuno volle rinunciarvi. La guerra che ne seguì durò circa due secoli e alla fine la vittoria arrise ai Lancaster. In seguito, nel quattordicesimo secolo, dopo il matrimonio politico di Enrico con Elisabetta, le due dinastie si unirono e fu dipinto un nuovo stemma araldico nel quale una corolla di petali rossi circonda il centro bianco, a significare la vittoria dei Lancaster. La leggenda vuole che così nacque la R. gallica versicolor il cui sinonimo è appunto “Rosa di York e Lancaster”.
Qualche secolo dopo furono ancora i monaci ad introdurre in Europa dalla Cina alcune specie di R. chinensis e con queste il colore giallo, fino ad allora inesistente nelle specie europee. Ciò diede l’avvio agli incroci artificiali che da allora, correva l’anno 1700 circa, produssero migliaia di varietà dai colori più disparati, con forme e dimensioni che oggi vanno dai rosai a cespuglio, a quelli sarmentosi e striscianti, dai 30 ai 1500 cm. di altezza.
Le rose moderne sono quasi perfette; sono rifiorenti, dotate di oltre cento petali, la fioritura di ogni corolla dura anche più di quindici giorni, oppure resistono recise in acqua per più d’una settimana, ma il fascino delle rose antiche, la loro delicatezza, il calore e la fragranza che emanano hanno ridato loro un posto in primo piano in tutti i giardini di buon gusto. Questa è stata la rivincita delle rose su tutti quei forzati della modernità che per un fuggente attimo cantarono: “lo so che le rose non s’usano più”…
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